L’attaccante del Lecce Gianluca Lapadula apre il libro dei ricordi. Parla del perché del suo soprannome, dell’esperienza al Milan e del suo presente…
E’ soprannominato “Braveheart”. L’ attaccante del Lecce ed ex centravanti del Milan Gianluca Lapadula, in un’intervista rilasciata a gianlucadimarzio.com, si confessa.
“Ho avvertito sin da subito una grande responsabilità nei confronti del Lecce, del direttore sportivo e del presidente. Ho trovato un gruppo straordinario, dove tutti credono in me e ora non li voglio deludere”.
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Quindi spazio anche ai ricordi e alla nostalgia. Tutto parte dallo spiegare il motivo del suo soprannome: “Io e mio fratello giocavamo nella Juventus – ha spiegato – . Io avevo iniziato come portiere, poi fui spostato a centrocampo perché non riuscivo a stare fermo tra i pali. E già a quei tempi, lo stile era quello di adesso: recuperavo palla e la passavo al compagno più vicino. Nonostante la scarsa qualità non mollavo mai. Così, mio fratello iniziò a chiamarmi Sir William Wallace, come il protagonista del film Braveheart”. L’occasione per mettere in mostra le sue doti l’ha avuta tre anni fa, quando il Milan decise di puntare su di lui acquistandolo dal Pescara: “All’epoca – spiega – ero sul punto di andare al Genoa, ma il presidente Sebastiani bloccò tutto dicendo di aver ricevuto una telefonata da Berlusconi. E quando ho sentito parlare di Milan, ho accettato senza pensarci”.
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Lapadula con il Milan nel cuore: “Pagherei per indossare la maglia numero 9”
E proprio in merito all’esperienza in maglia rossonera sottolinea che “con Montella non abbiamo fatto nulla di straordinario ma c’erano le basi per costruire qualcosa di importante. Poi abbiamo vinto la Supercoppa Italiana. Non presi bene il rigore sbagliato. In quell’occasione pensavo ai tanti sacrifici fatti e al dispiacere che avrei potuto causare ai miei compagni a causa di quell’errore. Ma la squadra è stata brava, e alla fine abbiamo vinto. Nonostante tutto, però, il cuore rimase diviso a metà: gioivo, ma allo stesso tempo continuavo ad essere triste”.
Infine chi parla della ‘maledizione della maglia numero 9’ risponde che non ci crede. “Quando giochi per il Milan la maglia è pesante a prescindere dal numero che hai scelto. Anzi: se il Milan mi volesse far tornare in rossonero, pagherei pur di tornare a vestire la maglia numero 9”.