Sig.Beccantini, lei è solito fare all’inizio del campionato di Serie A una griglia in cui prova a immaginare il piazzamento finale delle squadre: può farci, almeno per i primi posti, una cosa simile anche per la cadetteria?
“Eccola: Empoli, Palermo, Brescia, Novara, Pescara, Siena, Modena, Cesena, Reggina, Varese, Trapani, Avellino, Lanciano, Spezia, Bari, Carpi, Padova, Cittadella, Crotone, Ternana, Juve Stabia, Latina”.
Cosa ne pensa di una nobile decaduta come il Palermo?
“L’ho visto giocare in tv contro il Padova. Stravinse ma non mi convinse. Ha una rosa eccellente, un allenatore alle prime armi, Gattuso e, come presidente, un vulcano: Zamparini. Un cocktail diabolico, esplosivo. La vera impresa sarebbe non centrare subito la promozione”.
Il Siena, dopo tutti i problemi non solo a livello di squadra ma anche a quello societario, riuscirà a tornare ai suoi standard?
“Beretta mi piace, la rosa mi sembra competitiva. Restano, come sottolinea nella domanda, i problemi di fondo e di sfondo, legati ai lasciti di Scommessopoli, al terremoto del Monte dei Paschi, alla fragilità economica di Mezzaroma. Il campo potrebbe risentirne”.
La serie B quest’anno ha molti giovani interessanti: secondo lei chi rivedremo a breve nella massima serie come protagonista?
“Troppo facile citare Abel Hernandez, classe 1990, del Palermo. La serie A, la conosce come le sue tasche. Mi butto, allora. In ordine sparso: Beltrame e Fedato del Bari, Mitrovic del Brescia, Comi e Josipovic del Novara, Avenatti della Ternana”.
Riusciranno due squadre matricole come Carpi, Trapani e il Lanciano fresco di salvezza a creare un ciclo di permanenza nel calcio che conta (Per intenderci un po’ come il Chievo in Serie A)?
“Glielo auguro ma non credo. Il Chievo da lei citato era una società che realizzò una scalata anno dopo anno, senza fretta, culminata nel croccante 4-4-2 di Delneri. Lasciò tracce indelebili”.
Domanda-provocazione. Leggendo i dati, su tutti l’affluenza negli stadi, negli altri stati troviamo un interesse per le serie minori che è distante da noi anni luce. Come mai secondo lei la maggior parte degli sportivi italiani snobbano tutto quello che non è Serie A?
“Perché invece di costruire stadi-salotto abbiamo costruito salotti-stadio. Perché, con lo spezzatino della serie A e della Champions League, gli spazi per le altre categorie si sono drasticamente ristretti. Perché siamo bombardati di calcio internazionale. E poi perché 22 squadre sono troppe. La quantità uccide la qualità del prodotto”.
F.G.
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