Il tecnico del Brescia Alessandro Calori ha concesso un’intervista al Corriere dello Sport per parlare di vari argomenti. Eccone alcuni spunti:
Sulla valorizzazione dei talenti: ”Da El Shaarawy a Saba alla trasformazione di Salamon, passando per El Kaddouri. Sono contento, ma è chiaro che vorrei anche vincere qualcosa d’importante. Certo la crescita di questi ragazzi è una gratificazione enorme. Ma l’ambizione di arrivare in A penso sia legittima”.
Sulla carriera da allenatore: ”Sono esperienze differenti. Il Padova si era salvato all’ultima giornata. A Brescia sono arrivato con la squadra nei play out. E’ stata una rifondazione non ancora terminata. Un tecnico deve essere bravo a ottimizzare. Quando c’è un gruppo solido e ragazzi motivati, è più semplice. Ma i risultati non sono scontati. Io insisto sul progetto tattico, tecnico e umano. El Shaarawy oggi fa anche il terzino. Non basta la qualità, ma è una dote che fa la differenza”.
Sui suoi maestri: ”In questa lunga avventura ho capito che bisogna saper soprattutto ascoltare. Se sai tenere alta l’attenzione puoi apprendere da tutti. Nella gestione del gruppo, Mazzone è stato un maestro insuperabile di umanità. Con lui ho avuto un rapporto autentico. Tatticamente, il primo Zaccheroni mi ha aperto gli occhi, facendomi giocare con la difesa a tre e a zona. Concetti seminati all’Udinese già da Galeone ma con un assetto difensivo diverso. Con Guidolin ho capito che bisogna essere meticolosi in tutto. Non si può essere figli di una sola cultura. Guardiola viene spesso a trovarci, è un amico del Brescia. Ho elaborato queste conoscenze mettendoci del mio. Un allenatore non deve scimmiottare nessuno”.
Sulla lotta scudetto in Serie A: ”Ci metterei anche l’Inter. La Juve ha maggiore consapevolezza della sua forza e più alternative. Ma il Napoli ha Cavani, uno che sposta gli equilibri. La dote dell’Inter può essere la freschezza tecnica e di idee. Poi quel trio davanti Palacio-Milito-Cassano è formidabile”.
Sulle novità del nostro calcio: ”La vera novità è questa capacità di sviluppare un gioco duttile e imprevedibile, non solo in corso di gara. Vuol dire che c’è applicazione e disciplina. E che i calciatori sono più disponibili a confrontarsi con sistemi tattici differenti”.
Sugli obiettivi del suo Brescia: ”Noi diamo il massimo per portare in A il Brescia. Ma senza clamori e ricordando che nessun risultato è scontato. La strada è lunga. Giochi aperti e il Brescia è in campo. Non siamo quarti per fortuna. Anzi… Bisogna mantenere un ritmo costante, perché le prime sono partite forte. Ma i play off si giocheranno”.
Su El Shaarawy: ”Stephan è un fuoriclasse, un predestinato. Non si gioca a quei livelli da protagonista nel Milan in A a 20 anni per caso. Io lo avevo capito già al Padova. Con me ha fatto i primi passi e i primi gol tra i professionisti. Dovemmo fermarlo perché aveva problemi di crescita che non gli consentivano di allenarsi bene. Ma già allora si capiva che aveva evidenti potenzialità. Chi può emularlo? Bellomo ha qualità e personalità. Poi segnalo Salamon che, trasformato in difensore centrale, è esploso. Mi piace la capacità di partecipare al gioco e di saltare l’uomo di Saponara. Occhio a Berardi, un ‘94 con numeri veri. Ma è impossibile citare i tanti talenti di B su cui tutte le società puntano per necessità”.
Marco Orrù