Davide Nicola e il suo Livorno sono la vera rivelazione di questo campionato di Serie B. La squadra toscana è partita fra lo scetticismo generale, come conferma lo stesso tecnico a La Gazzetta dello Sport: ”Come al solito si vole fa’ le nozze coi fichi secchi, Speriamo che con quello che ha risparmiato con l’allenatore Spinelli compri qualche giocatore affidabile. E’ come da’ una manata di chiodi a uno e dirgli di farci un sottomarino. Queste erano le frasi più ricorrenti la scorsa estate al momento del mio arrivo qui. La gente era abituata ad allenatori di nome, io ero uno sconosciuto. Per questo ho cercato di capire subito il senso di appartenenza dei livornesi. Non so se li ho conquistati, ma so che non puoi allenare in una città che non conosci, ci devi entrare dentro cogliendo i malumori. Ora vedo che il mio lavoro è apprezzato, che piace l’idea di un calcio propositivo. A un certo punto sono stati loro a colpire me: potevano incazzarsi di brutto dopo l’1-5 in casa con lo Spezia e invece sono rimasti vicini”. Nicola racconta anche il suo percorso da allenatore e il suo modo di giocare: ”Io ero un terzino fluidificante: appena potevo, cominciavo a spingere sulla fascia. Giusto così: tutti difendono e tutti attaccano. I concetti fondamentali sono possesso palla e occupazione degli spazi. Con qualche cambio in corsa: Emerson che va a fare il difensore centrale o Belingheri che può fare il terzo centrocampista o giocare nel tridente. Ho giocato per oltre dieci anni in B, conosco bene questo campionato. Già allora pensavo a come sarebbe stato bello allenare. Ho molti quaderni conservati da quando facevo il calciatore, studiavo già allora, uno per ogni allenatore. Due li avevo per Scoglio che era un personaggio particolare. Schemi, esercizi, novità tattiche, scrivevo tutto. Non davo giudizi, ma facevo domande. Ho studiato Mourinho, Ferguson, gran parte degli allenatori italiani. Ma non sono modelli: chi insegue gli altri, non sarà mai primo”.
Marco Orrù