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Varese, botta e risposta Milanese-Ebagua

Giulio Ebagua

 

In casa Varese continua a tenere banco il caso Giulio Ebagua, col dito medio rivolto agli ultras che lo contestavano dall’attaccante di colore. Dopo le parole di ieri del Presidente Rosati ecco quelle del DS Milanese: ”Partiamo dal presupposto che mostrare il dito medio ai tifosi che vengono a vederci il 12 agosto non va bene, ma in ogni caso un professionista deve accettare applausi e fischi, fischi che peraltro sono stati rivolti in qualche occasione anche a chi aveva conquistato il titolo di campione del mondo. Comunque Giulio ha sbagliato e ha chiesto scusa. E sa che, se deciderà di rimanere al Varese, dovrà convivere con questa situazione”.

Dal canto suo, Ebagua risponde così, tramite le pagine della Gazzetta dello Sport: ”Il razzismo può essere un appiglio, un pretesto in più per chi non ha motivi validi per contestare. Mi chiedoperchè continuano a insultarmi. Credo che sia stato il passaggio al Torino dell’estate scorsa a mettermi contro gli ultrà. Si vede che qualcuno era innamorato di me e si è sentito tradito. In quella partita (il riferimento è alla finale playoff della Serie C contro il Benevento) ero stato espulso e, sapendo che la mia stagione era finita, volevo salutare i tifosi ma le mie frasi sono state male interpretate: non ho mai detto che sarei andato via, passando all’Udinese”. Ebagua era rimasto, come dovrebbe fare ora, anche se non è sicuro della scelta: “A parte l’episodio di domenica, dettato dalla frustrazione di qualcuno, Varese è la piazza ideale, proprio perché la gente non mette pressione. Qui ho realizzato 29 gol e ho un obiettivo: segnare anche in A. Ho già 26 anni, so giocare solo a pallone e devo pensare al mio futuro, tenendo d’occhio l’offerta migliore. Se non arriverà, sarò comunque felice di rilanciarmi con il Varese e chi mi contesta dovrà sopportare la mia brutta faccia. L’Italia è l’unica nazione in cui i tifosi pensano di poter comandare. Da professionista accetto i loro insulti, ma non il fatto che vogliano dettare legge. E per questo alzo la voce”.

di Marco Orrù

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