Ci racconta quanto successo con Manfredonia?
“L’arresto cardiaco di Lionello Manfredonia fu scatenato da una sincope da freddo, una cosa in cui si deve intervenire in 4/5 minuti se si vogliono evitare conseguenze gravi. Siamo stati fortunati e aiutati dal Padre Eterno. Un conto è una sincope da freddo, un altro quello successo sabato”.
Proviamo a ricostruire dal punto di vista medico quanto successo?
“Dobbiamo aspettare l’autopsia per poterci esprimere con certezza. Certo dalla mia modesta esperienza non penso che un arresto cardiaco si manifesti così, con un ragazzo che tenta due volte di rialzarsi. Penso sia una cosa più brutta, qualcosa di molto più grave. Aspettiamo quindi l’autopsia”.
Secondo lei, da quanto visto, cosa può essere successo?
“Al 90% si può ipotizzare un’emorragia celebrare, ma sinceramente è meglio aspettare le notizie dall’autopsia per capire le cose”.
Come giudica i soccorsi effettuati sul ragazzo?
“I soccorsi sono stati veloci e perfetti. C’erano due defibrillatori e tutta l’attrezzatura su campo. E’ intervenuto anche il Primario di cardiologia di Pescara che stimo molto, un professionista. Da quanto ho avuto modo di sentire c’è un altro indizio che mi spinge verso l’emorragia: il ragazzo non ha dato segnali di risposta, nessun impulso, nessun tipo di pulsione cardiaca”.
Il ritardo dell’autoambulanza per la sosta di quella macchina può aver contribuito in qualche maniera al decesso del ragazzo?
“Partiamo dal fatto che quella macchina non doveva essere là e io non ho voglia di giustificare nessuno. Ma per me non sarebbe cambiato nulla. Perchè la rianimazione va fatta direttamente sul campo, come successe per Manfredonia. Lionello non era più in arresto cardiaco sull’autoambulanza, che in questi casi serve solo da trasporto verso l’ospedale. Certo l’abbiamo mantenuto in una situazione stabile, ma la rianimazione l’abbiamo fatta sul campo. Ci sono cose anche di fronte a cui la scienza si deve arrendere, purtroppo”.
Come mai tutti questi casi?
“Anche qui cito l’autopsia, che potrà chiarire molto. Penso che la medicina sportiva italiana sia all’avanguardia mondiale, tanto che ci vengono a studiare da tutto il mondo. I controlli che vengono fatti sono accurati, ma di certo alcune cose possono in rari casi rimanere silenti. Prendiamo il caso di Cassano, un’atleta che non aveva mai palesato alcun disturbo. Non si fanno controlli invasivi su una persona asintomatica, non è possibile e neanche giusto intervenire a livello invasivo su una struttura sana. Ci sono patologie che emergono solo attraverso controlli devastanti a livello fisico che si fanno solo in caso di necessità, a questi non possono essere sottoposte tutte le persone in stato di sanità psico-fisica. La malasanità in Italia ci potrà anche essere, ma non a livello sportivo”.
M.F.
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